L’atlante è la forma di racconto più neutra e allo stesso tempo classificante; si può aprire a qualunque altezza ed essere sempre davanti ad una rappresentazione condivisibilmente veritiera del mondo. Ogni uomo è due uomini ed il vero è sempre l’altro e per questo l’essere vivente è destinato a comprendere in sè tutti gli esseri viventi (Platone-Timeo). In un atlante, ogni parte di mondo è tutto quello che c’è da vedere in quel momento e tutto quello che sappiamo esserci senza averlo ancora sfogliato. E’ un luogo dov’è chiaro che non è possibile poter abbracciare il globo intero, perchè bisogna essere in un posto preciso, in una tavola dedicata per orientarsi. E’ altrettando vero che quella tavola è una parte della medesima rappresentazione globale, senza la quale non sarebbe mai esauriente e grazie alla quale la diversità si moltiplica all’infinito anche se non potrà mai esprimersi nella sua pienezza. Per questo negli atlanti non c’è discriminazione di elemento naturale, antropomorfo, immaginario come i mostri delle mianture fiamminghe ed il regno del prete Gianni, o artificiale, come un luogo alieno del quale non avremmo mai esperienza se non grazie all’immaginazione. Un atlante è come una protesi della visione grazie alla quale tutto diventa adimensionale e si trova in più luoghi contemporaneamete e senza nessuna misura che non sia quella scelta. L’essere umano negli atlanti geografici è l’atlante stesso. Senza il suo sguardo l’atlante stesso non esisterebbe e nemmeno il mondo chè c’è dentro; Il solo fatto di crearlo, l’esperienza di sfogliarlo, è il legittimare se stessi, è un conoscersi ad uno specchio che sparge la nostra immagine in forme che non consciamo e che probabilmente non hanno forme diverse da quelle che percepiamo soggettivamente.