I balcani producono più storia di quella che riescono a digerire diceva Winston Churchill, ma quale storia non lo specificava. I segni della follia del ventunesimo secolo non riescono a lasciarsi seppellire dal tempo. Tempeste di idealismi, di xenofobie, di interessi politico-economici fanno di quest’area un diamante opaco, un mare in tempesta. Pristina,Budva,Sarajevo,Mostar; ognuna di queste perle nere porta in se le cicatrici sociali e fisiche, dei conflitti degli altri, delle eresie sociali di pazzi sanguinari appoggiari dal altrettanti maniaci del controllo, di atavici conflitti per un pezzo di terra che non fa nemmeno un centesimo di mondo. Ci sono luoghi dove la commemorazione di migliaia di vittime ancora viene vista, attraverso gli occhi di chi non vuole vedere per paura di trovare se stesso nell’altro, come un gesto insensato. Srebrenica è il crepaccio dove sono caduti tutti gli innocenti che sono serviti a siglare un contratto, un accordo con la storia, con il capitale e la comune. Questo è anche il posto dove i cavalieri dall’armatura lucente delle scuderie occidentali hanno perso l’argento, ed il loro vanto si è dissolto davanti a miliardi di persone che hanno visto, poi subito dimenticato, con quanta facilità siamo stati capaci di barattare il sangue degli altri per un agio impossibile. I difensori hanno chiuso le porte, lasciato fuori gli innocenti salvando se stessi ed il re e lasciato il massacro al suo corso, senza chiedere nemmeno scusa. In queste terre, in queste case ancora coi fori di proiettile e mortaio, la vita prova a rinascere e a dimenticare. Oggi la modernizzazione prova a far capolino a Sarajevo, c’è la ricostruzione, le insegne luminose e le grandi catene, i festival del cinema, ma l’odore delle anime piombate dal ricordo ancora insiste, tutto sembra aspettare a rinascere per paura di perdere di nuovo quel che s’è guadagnato. Speriamo che venga lasciato il tempo alla polvere di riempire le ferite della storia.